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  • Immagine del redattoreGiorgio Perini

PANNO DEL CASENTINO

Aggiornamento: 22 gen 2018

Un panno dopo l’altro

di Giorgio Perini

Questo originale tessuto con un colore così “discretamente vistoso” ha caratteristiche uniche nel suo genere. Il tipico colore arancione sembra che sia dovuto ad un banale errore accaduto mentre si procedeva alla colorazione di una pezza di tessuto. In un primo tempo non si badò molto all’imprevisto ma dato che quello strano colore ottenne un buon gradimento da parte dei commercianti, se ne iniziò la produzione. Tutto questo ebbe inizio ai primi del 700. Ma il tessuto del casentino, quello originale grigio e marrone, veniva già prodotto artigianalmente proprio nelle case di molti pastori e vi sono testimonianze di lavorazioni artigianali che risalgono al 1200. Proprio a Stia, nel centro del Casentino, un’ ampia zona che va dalle porte di Firenze fino alle porte della città di Arezzo, erano già presenti anticamente nella piazza del paese molti laboratori artigianali per la tintura e la filatura del panno. Greggi di pecore che passavano da Stia per la transumansa, per trasferirsi in estate nelle montagne vicine e poi in inverno scendere e rientrare a valle e la grande quantità d’acqua presente, hanno facilitato e successivamente incrementato la lavorazione della lana in tutta la zona. Versò la metà dell’ 800 si racconta che il barone Bettino Ricasoli, ricco ed illuminato proprietario terriero, sorpreso da un improvviso acquazzone alle porte di Firenze, entrò in città con indosso un cappotto arancione acceso, con l’interno in panno lana verde, il collo di pelliccia, i bottoni in osso, martingala e piegone sul dietro. Elegante ed allo stesso tempo semplice nel taglio, divenne presto il cappotto preferito da coloro che erano costretti a vivere molto all’aperto e a viaggiare spesso con neve, pioggia e vento. Essenziale ed audace nei colori fu subito adottato da molti aristocratici fino a diventare un classico ed a restarlo fino ai giorni nostri. La stoffa del Casentino o “panno del Casentino” come ancora oggi viene chiamato è realizzato con lane australi e merinos ed il tipico effetto arricciato della lana si ottiene con una lavorazione particolare ottenuta da una macchina chiamata ”ratinatrice”. Anche al tempo dei Medici questo tessuto era conosciuto ed apprezzato e le antiche origini ci riportano al “panno rusticane”, chiamato dai mercanti fiorentini del 300 “panno grosso del casentino”. Era molto ispido, pesante ma anche resistente all’usura ed alla intemperie. Dal medioevo all’800 questo tessuto ha conosciuto periodi storici diversi ma è sempre stato molto apprezzato fino a quando nei primi del 900 ebbe un momento di profonda crisi nell’immediato dopoguerra con lo sviluppo dell’industria tessile pratese e l’avvento indiscriminato di tessuti più scadenti ma a prezzi più competitivi. Si dice che molti esperti tessili di Stia andassero spesso a Prato ad insegnare ai pratesi a tessere i tessuti. Oggi molti stilisti, Dolce& Gabbana, Cavalli, Pierre Cardin ed altri tornano al passato e ripropongono il panno del casentino in molte collezioni.

di Giorgio Perini





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